"Ciclabilità nelle aree protette" l'articolo di Piemonte Parchi.
http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php?option=com_k2&view=item&id=4247:in-bici-nei-parchi&Itemid=147
Valerio Montieri è un architetto pioniere nella progettazione delle piste ciclabili e nella riqualificazione delle aree degradate. È stato uno dei miei compagni del viaggio in bicicletta da Torino a Nembro, durante il nostro percorso abbiamo parlato di come rivedere il modo in cui ci muoviamo e davanti alle mie perplessità sulla possibilità che cambi davvero la nostra mobilità e la dipendenza totale dalle auto lui ha risposto ricordandomi tutti i tabù che sono stati infranti: «Quando si dice che abbiamo un problema culturale è come se dicessimo che è una questione insormontabile, in realtà la nostra cultura del vivere insieme si è modificata molte volte: si fumava nei cinema, nei ristoranti, negli uffici, perfino sugli aerei, si andava in moto senza casco, non si usava la cintura e la raccolta differenziata sembrava impensabile, poi tutto è cambiato. Gli italiani, se gli proponi cose ragionevoli e chiare, si convincono, si abituano e alla fine lo fanno anche volentieri.
Per questo sono convinto che siamo pronti per cambiare modo di muoverci soprattutto all’interno delle città. Anzi, il comportamento dei cittadini è già più avanti delle proposte che le amministrazioni stanno mettendo in campo». Mentre pedalavamo Valerio mi ha raccontato di tanti progetti, come quelli a Malpensa e Firenze per arrivare in bici negli aeroporti . Su #altrestorie di oggi, che potete leggere andando su www.mariocalabresi.it.
Tutte le strade della bicicletta |
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di Mario Calabresi |
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«Quando si dice che abbiamo un problema culturale è
come se dicessimo che è una questione insormontabile, in realtà la nostra
cultura del vivere insieme si è modificata molte volte: si fumava nei cinema,
nei ristoranti, negli uffici, perfino sugli aerei, si andava in moto senza
casco, non si usava la cintura e la raccolta differenziata sembrava
impensabile, poi tutto è cambiato». Ho pedalato per tre giorni da Torino a
Nembro, il paese della bergamasca più colpito dal Covid-19, e ho passato ore
lungo il Po, il canale Cavour e i navigli a discutere con Valerio Montieri,
58 anni ieri, architetto, pioniere nella progettazione delle piste ciclabili
e nella riqualificazione delle aree degradate. Alle mie perplessità sulla
possibilità che cambi davvero la nostra mobilità e la dipendenza totale dalle
auto lui ha risposto ricordandomi tutti i tabù che sono stati infranti: «Gli
italiani, se gli proponi cose ragionevoli e chiare, si convincono, si
abituano e alla fine lo fanno anche volentieri. Per questo sono convinto che
siamo pronti per cambiare modo di muoverci soprattutto all’interno delle
città. Anzi, il comportamento dei cittadini è già più avanti delle proposte
che le amministrazioni stanno mettendo in campo». |
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Livorno Ferraris (Vercelli), 8 giugno 2020. Mario Calabresi e i suoi
compagni del viaggio in bicicletta da Torino a Nembro fanno tappa alla Tenuta
Colombara Cambiare
modo di muoversi significa soprattutto incentivare l’uso delle biciclette,
come accade nel resto d’Europa, non solo nei Paesi del Nord: «Senza citare,
come si fa sempre, Amsterdam e Copenaghen è meglio guardare all’evoluzione di
Parigi, Siviglia o Madrid, che hanno una cultura più simile alla nostra. Il
punto di partenza, ovunque, è la moderazione del traffico: abbassare
la velocità delle auto nelle zone residenziali o creare una pista ciclabile
separata nelle strade a scorrimento veloce». Perché le due ruote
diventino un’alternativa reale è fondamentale creare condizioni di sicurezza:
«In Italia – sottolinea Valerio – ogni anno le auto uccidono in media 250
ciclisti e più di 600 pedoni (uno ogni 14 ore), velocità e distrazione da
smartphone le cause principali. Non capisco però perché facciano così poco
notizia: nel nostro Paese ci sono 350 omicidi ogni anno e ognuno di loro
occupa giustamente le pagine dei nostri giornali, i 600 pedoni invece sono
relegati nelle brevi». Milano, 10 giugno 2020. Valerio Montieri, 58 anni, architetto: qui alla partenza davanti all’Arco della Pace per l’ultima tappa del viaggio verso Nembro (foto di Carlo Colombo per Altre/Storie) Ma da dove bisogna partire e quanto lavoro richiede trasformare una città e renderla “amica delle bici”? «La prima regola per essere credibili è che la bicicletta deve potersi muovere in città dappertutto in sicurezza, non si possono fare solo dei pezzi di percorso e pretendere che la gente li usi, ci vuole una rete continua e ben segnalata che porti dalla periferia ai punti cruciali del centro e della città: Comune, piazze principali, scuole, ospedali, università». Mentre me lo spiega immagino marciapiedi spaccati, cantieri infiniti e cittadini inferociti, invece Valerio mi stupisce: «Non c’è bisogno di fare grandi lavori, basta tracciare delle strisce per terra. Per dare un segnale concreto è urgente realizzare una rete al più presto disponibile e le modifiche al Codice della strada contenute nel “Decreto Rilancio” hanno introdotto la corsia ciclabile – la bike line come a Berlino, Monaco e Londra – che disegna una parte della carreggiata dove preferibilmente passano le biciclette ma all’evenienza anche le auto. Se c’è un ciclista, questo ha la precedenza e l’auto deve stare fuori da quello spazio, ma se è vuota può essere usata dalle macchine. Tutto questo è possibile con la moderazione della velocità».
Dall'alto, Monaco di Baviera e Londra. Due esempi di corsie ciclabili, le strisce che dividono la carreggiata per delimitare la parte dove le bici hanno la precedenza A Milano
il sindaco Beppe Sala e il suo assessore alla Mobilità, Marco Granelli,
stanno sfruttando questo tempo post-epidemia per provare a riequilibrare lo
spazio urbano, che fino ad ora era dedicato principalmente alle auto, dando
spazio alle persone, intese come pedoni, ciclisti ma anche fruitori di
ristoranti, bar e locali che fino al 30 ottobre possono occupare le parti
esterne, dai marciapiedi ai parcheggi. «Il motore del distanziamento
fisico sta facendo ripensare il nostro spazio pubblico, oggi fatto all’80
per cento di strade. Lo spazio pubblico nasce storicamente come incontro tra
le persone, non tra le automobili, una caratteristica storica dell’Italia e
dell’Europa che vale la pena recuperare». Il primo
lavoro a cui ha collaborato Valerio, subito dopo la laurea in Architettura al
Politecnico, è stata la progettazione della rete delle piste ciclabili del
parco delle Groane, alle porte di Milano. Da allora si dedica alle reti
ciclabili, sia in aree protette come parchi e riserve naturali in Lombardia,
sia in ambito urbano. «La cosa che mi affascina di più è recuperare
vecchie strade storiche, usando materiali naturali – legno, pietra,
talee, per evitare il cemento – o dare nuova vita agli antichi tracciati
ferroviari. Tra i più belli ci sono quelli della Bergamasca, in Val Seriana e
Brembana, e la ciclabile della Riviera dei Fiori tra Ospedaletti e Diano
Marina, percorso meraviglioso tra gallerie e mare che funziona benissimo
anche fuori stagione».
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https://estremeconseguenze.it/2020/05/15/bonus-bici-coronavirus-ciclabili-novita/